"Climate fiction" è il nome di uno dei generi che stanno diventando più di moda nella letteratura sul cambiamento climatico. L'autore del libro «Qualcosa là fuori», Bruno Arpaia, ci regala un romanzo visionario, ma non è fantascienza. L'immagine di un futuro che potrebbe essere reale ci porta a riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni. Un'Europa che a metà del secolo la vita è cambiata radicalmente, poiché si sono avverate le peggiori previsioni climatiche.
Bruno Arpaia, è un noto romanziere italiano di Napoli, traduce la letteratura spagnola in italiano ed è anche consulente editoriale. Nel suo libro cerca e riesce a scuotere le coscienze di chi lo legge, "Se non facciamo nulla, noi europei finiremo per essere rifugiati climatici", dice.
Da dove nasce l'idea del tuo lavoro?
In esso, andiamo avanti verso l'Europa nel 2050. Si presenta come un luogo desolato. Deserta Europa meridionale, i paesi più a nord subiscono piogge che durano fino a due mesi con una profonda siccità nel resto dell'anno. Pianure incrinate, fiumi e argini aridi, polvere gialla e case abbandonate e aree industriali. Ci sono grandi marce di persone che fuggono in Scandinavia. Le aree e le nazioni più vicine alla zona polare sono diventate i luoghi più sicuri in cui gli esseri umani possono stabilirsi.
Per non cadere in spoiler, possiamo dire che quando il libro viene letto, la parte visionaria diventa latente. Tenendo conto della data in cui ha iniziato a scriverlo, e di alcuni eventi già accaduti, fanno del romanzo un'opera molto interessante e anche realistica. Bruno è stato ispirato da molti estratti scientifici, di cose che sono successe e di studi che prevedono nuovi cambiamenti. Tutto questo, facendo un cocktail nella sua immaginazione, crea questa narrativa affascinante e allo stesso tempo ponderata.
Se un libro è in grado di risvegliare e sensibilizzare l'umanità, senza dubbio un ottimo candidato è "Qualcosa, là fuori". Un libro che mira anche a salvare il pianeta.